Che cos’è il coefficiente di solvibilità e cosa misura

Hai bisogno di un finanziamento? Vuoi investire in modo intelligente i tuoi risparmi o più semplicemente vuoi stipulare un’assicurazione? Sicuramente dovrai rivolgerti ad una banca, una società finanziaria o ad una di assicurazioni. Ma c’è un modo per capire se ti puoi fidare, o meglio affidare a loro? Sì ed è il coefficiente di solvibilità. Se non ne hai mai sentito parlare e vuoi saperne di più allora scopri con lo Staff di Unicusano Reggio Calabria di cosa si tratta.

Coefficiente di solvibilità: cos’è e come si calcola

Il coefficiente di solvibilità è il dato oggettivo che determina la capacità di una banca, assicurazione o finanziaria (ma anche di uno stato o di un’azienda) di rispettare gli impegni economici assunti con te o con altre società. Ad oggi si calcola facendo un rapporto tra il patrimonio di vigilanza ed il totale delle attività, in bilancio e fuori bilancio, ragionate in funzione dei rischi di perdita a causa dell’inadempimento dei debitori. Ti sembra ancora difficile da capire? Facciamo un passo indietro e guardiamo la cosa da un punto di vista più ampio.

Da sempre, non esiste impresa che non preveda un rischio. Questo è vero sia per ogni azione che compi tu (il solo scendere le scale comporta il rischio di cadere), che se parliamo di operazioni finanziarie. Nel caso di una banca, assicurazione o finanziaria però l’impresa vive di risparmi o investimenti altrui. Dunque, prima di poter offrire i propri servizi, come ad esempio un mutuo o una polizza sulla vita, deve rientrare in degli standard. Standard che garantiscano la sua capacità di far fronte ad ogni tipo di rischio senza lasciare “scoperti” i clienti. Ovviamente, il numero di variabili che vanno ad influire sull’impresa stessa è direttamente proporzionale alle sue dimensioni. Più è grande, più si mette in gioco, più rischia di fallire. Ecco perché è necessario stabilire dei parametri oggettivi per valutare l’affidabilità di una società che si occupa di capitali, investimenti o assicurazioni.

Comitato di Basilea: dove tutto ebbe inizio

Ma chi ha creato le regole che determinano questa affidabilità? Il Comitato di Basilea. Istituito alla fine del 1974 – dopo il fallimento di una banca tedesca – è l’organizzazione che vigila sulla tipologia di società di cui ti stiamo parlando. Si riunisce 4 volte l’anno e nel tempo ha redatto le linee guida in materia di requisiti patrimoniali, aggiornandole periodicamente sulla base dei cambiamenti negli assets economici. Ne fanno parte i governatori delle Banche Centrali dei 10 paesi più industrializzati ed opera principalmente tramite accordi.

Gli Accordi di Basilea 1

Il coefficiente di solvibilità è stato introdotto dopo gli Accordi di Basilea 1 con il nome valido a livello internazionale di Solvency I. Dal 1988, alle banche-finanziarie-assicurazioni è stato imposto di accantonare l’8% di ogni prestito erogato a scopo prudenziale, per garantire la solidità e la fiducia del proprio sistema creditizio. Col tempo però questo sistema si è rivelato inadeguato per le dinamiche economiche mondiali.

Solvency II e la crisi

Fino al 2009 le attività finanziarie sono state sottoposte alle regole di Solvency I. Il coefficiente di solvibilità era calcolato in maniera piuttosto semplice, ma allo stesso tempo limitata: il margine di rischio prendeva in considerazione le pratiche di un’azienda e le relative reazioni senza guardare il tutto in un contesto più ampio. Un sistema decisamente obsoleto, a prescindere dalla crisi che ha sconvolto l’economia dal 2007. Infatti le dinamiche economiche avevano assunto già da tempo una dimensione mondiale e contemporaneamente erano basate su una rete capillare di connessioni. Un aggiornamento era necessario a prescindere da quanto è accaduto ormai quasi 12 anni fa.

Solvency II: per una garanzia ancora maggiore

Per far fronte anche a queste problematiche, nel 2009 il Parlamento Europeo ha approvato rapidamente le nuove regole di Solvency II, dopo un iter di preparazione durato anni. Infatti già dai primi anni 90 la gestione del credito da parte di numerosi istituti si è rivelata poco prudente, creando la necessità di adeguare il quadro normativo. Sia per tutelare le persone o le aziende, che il sistema di credito in sé. Con gli Accordi di Basilea 2 del 2004 sono state introdotte delle normative utili ad assicurare una stabilità fondata su informazioni reali, da aggiornare continuamente e vincolate alla capacità di produrre reddito in una prospettiva di crescita futura.

Un’onda d’urto da fermare

L’onda d’urto causata dal fallimento della Lehman Brothers nel 2007 ha travolto chiunque. Ancora oggi a pagarne le conseguenze sono persone che probabilmente non conoscevano neanche l’esistenza di questa società di servizi finanziari. Piccoli risparmiatori hanno perso tutti i i loro averi e molte persone hanno fatto affidamento su un’assicurazione per poi ritrovarsi senza alcuna tutela. Per non parlare delle aziende che a causa di tutto ciò si sono ritrovate a dover licenziare lavoratori, causando un effetto domino che ha paralizzato intere comunità. Per questo motivo è stato necessario sviluppare un terzo Accordo di Basilea, che molti istituti nel mondo stanno cercando di implementare per garantire un’affidabilità ancora maggiore.

coefficiente di solvibilità

La gestione del rischio

Per valutare il coefficiente di solvibilità di un’impresa è utile affidarsi a dei consulenti esperti di gestione del rischio, capaci di analizzare tutti gli aspetti che influiscono sulle operazioni finanziare. Meglio conosciuta come Risk Management, la gestione del rischio è il processo con cui si possono misurare o stimare i rischi di determinate operazioni, quindi le strategie utili per gestirli. Non si tratta di un’operazione una tantum, ma di un lavoro che va aggiornato costantemente.

Le fasi della gestione del rischio sono 3:

  1. Analisi del contesto – per stabilire in quale quadro è necessario andare a valutare i rischi per definire uno scheletro iniziale del processo.
  2. Identificazione dei rischi – i rischi sono connessi ad eventi che possono causare problemi. Dunque  è necessario prima fare un’analisi delle possibili cause, poi identificare i rischi (reali o potenziali) in sé.
  3. Definizione delle priorità – nel passare alla pratica, si affrontano le varie necessità secondo una scala risultante dai passaggi precedenti.

Un tema da approfondire: il master in gestione del rischio

Vorresti sapere come diventare direttore di banca? Magari ti piacerebbe lavorare nel mondo delle assicurazioni o hai già un’occupazione nel mondo della finanza? Approfondire il tema del coefficiente di solvibilità con un master potrebbe fare al tuo caso. Il Master di primo livello in “Solvency 2 – La gestione del rischio assicurativo” è rivolto a chi come te ha una laurea e vuole approfondire la tematica del Risk Management nelle compagnie di assicurazione, nelle banche o in altri intermediari finanziari. Con il master potrai ottenere adeguate conoscenze teoriche e professionali riguardati la gestione del rischio, approfondendo in modo particolare la normativa Solvency II.

Ma non solo, perché approfondirai anche concetti che potranno tornarti utili in contesti più ampi per aiutarti a formare una visione più completa della materia. Oltre alla parte teorica, potrai cimentarti anche in esercitazioni pratiche per conoscere le tecniche base di utilizzo dei fogli di calcolo per mettere in pratica quanto appreso nella parte teorica del master. Così, al termine del corso, avrai tutti gli elementi necessari per strutturare un processo di valutazione del rischio che comprenda tutte le fasi di cui ti abbiamo parlato nell’articolo.


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