I monologhi più famosi di cinema e teatro

Sono i momenti più intimi e profondi di un film o di una rappresentazione teatrale. Quegli attimi in cui un personaggio ti prende per mano e ti porta nel suoi io più profondo. E a volte, rimangono nella storia perché le loro parole sono così universali che è praticamente impossibile non riconoscervisi. Parliamo dei monologhi famosi di cinema e teatro. Tu ne hai uno che ascolteresti all’infinito? Qualsiasi sia la risposta, tra queste righe potrai trovare quelli più celebri.

Ma cos’è un monologo? Fare chiarezza è sempre utile per poter parlare di qualcosa al meglio. L’origine della parola deriva dal greco, e più precisamente da monologos. Si tratta di un vocabolo composto da due termini: monos – solo e logos – discorso. Potremmo dire che il significato è quindi racchiuso nell’etimologia stessa, ma è opportuno fare un’ulteriore precisazione. Si tratta infatti di un discorso espresso a voce, tenuto da una singola persona, che però si rivolge a qualcun’altra o ad un pubblico. Se avesse una forma introspettiva, quindi se chi parla si rivolgesse a sé stesso, senza un reale destinatario delle sue parole, si tratterebbe di un soliloquio.

In linea generale potremmo quasi arrivare a dire che un monologo è un “trucco narrativo”. Qualcosa che nella maggior parte dei casi viene pensato per rendere ancora più partecipe lo spettatore. Sarà per questo che esistono tanti monologhi famosi?

I monologhi famosi di teatro e cinema

Partiamo prima con i monologhi famosi del teatro, luogo dove sicuramente le parole acquistano un peso speciale. Complice il fascino del luogo, la potenza della voce degli attori, o la vicinanza con la scena, ma tutto diventa più magico e basta poco per perdersi nelle parole.

Il monologo di Giulietta – Shakespeare

Partiamo con un grande classico del teatro: il monologo di Giulietta tratto dal Romeo e Giulietta di Shakespeare.

Galoppate lesti, focosi destrieri, verso la dimora del Sole. Un cocchiere, come Fetonte, saprebbe spronarvi verso occidente e darci subito la nuvolosa notte. Presto, notte, tu che proteggi l’amore, serra bene le tue cortine, perché si chiudano finalmente gli occhi del giorno e Romeo, silenzioso e furtivo, possa correre fra queste braccia.
Gli amanti possono compiere i loro riti alla sola luce della loro stessa bellezza. Se l’amore è cieco, meglio si addice alla notte. Vieni, austera notte, matrona semplicemente vestita tutta di nero, e insegnami a perdere una sicura partita nella quale sono in gioco due intatte giovinezze. Avvolgi con il tuo nero mantello l’indomabile sangue che pulsa nelle mie guance affinché il timido amore, diventato audace, capisca che il pudore è un atto di passione fedele.
Presto notte, presto! Oh Romeo, giorno della mia notte! Sulle piume delle tenebre tu giacerai più bianco della neve sulle ali d’un corvo. Vieni, dolce notte, vieni amorosa e accigliata notte e portami il mio Romeo! E quando morirà prendilo e ritaglialo in tante stelline perché allora il cielo diventerà così lucente che tutti si innamoreranno della notte e non adoreranno più l’arrogante Sole.

Romeo e Giulietta, Atto terzo – scena seconda

Il monologo di Trigorin – Cecov

Trigorin è un personaggio secondario de “Il Gabbiano” di Anton Cecov. Su di lui si catalizzano per tutte le attenzioni dei protagonisti, in particolare modo quelle della giovane Nina. Quando lei gli chiede di descriverle la vita dello scrittore, lui risponde così:

In quegli anni, negli anni migliori, in quelli della giovinezza, quando io cominciavo, lo scrivere era per me un continuo supplizio. Uno scrittore esordiente, specie se non ha fortuna, si crede goffo, maldestro, superfluo, ha i nervi tesi, irritati; gironzola infrenabilmente attorno a persone partecipi della letteratura e dell’arte, misconosciuto, non osservato da alcuno, temendo di guardar fisso e con audacia negli occhi, come un giocatore accanito, che non abbia denaro.

Io non vedevo il mio lettore, ma non so perché alla mia fantasia egli appariva malevolo, diffidente. Temevo il pubblico, mi faceva paura, e, quando mettevano in scena una mia nuova commedia, mi sembrava ogni volta che i bruni mi fossero ostili e i biondi gelidamente indifferenti. Oh, che cosa terribile! Che supplizio!» Sempre lo stesso, lo stesso, e mi pare che le premure dei conoscenti, le lodi, l’ammirazione: tutto questo sia inganno, che mi ingannino come un malato, e temo talvolta che qualcuno si appressi quatto quatto alle mie spalle, per afferrarmi e portarmi, come Poprišč, al manicomio.

Il monologo di Novecento – Alessandro Baricco

Novecento è il nome del protagonista dell’omonimo monologo teatrale di Alessandro Baricco. Abbandonato da neonato sul pianoforte di una sala da ballo di una nave, è proprio lì che rimarrà per tutta la vita. E nel suo monologo ci spiega perché.

E qui puoi vederlo interpretato da Tim Roth, che è Novecento nella trasposizione cinematografica dell’opera di Baricco realizzata da Giuseppe Tornatore.

https://www.youtube.com/watch?v=2M3JL6bqZbc

Proseguiamo ora con due monologhi famosi del cinema, che avrai visto migliaia di volte ma che non ti stuferesti mai di ascoltare.

Monologo sulla vita – The Big Khauna

Tha Big Kahuna è un film del 1999. Il monologo che ti riportiamo qui di seguito è quello finale, un’inno alla vita fatto da uno dei protagonisti, Phil Cooper interpretato da Danny DeVito.

L’orrore – Apocalypse Now

Il Colonnello Kurtz dovrebbe rappresentare il male nel celebre film di Francis Ford Coppola. Ma in questo monologo, parlando dell’orrore, dimostra la sua profondità che, nonostante sia permeata da un senso di follia, è comunque toccante.

Se i monologhi famosi da guardare in poltrona sono la tua passione, non perderti la nostra top 5: ci sarà il tuo monologo al cinema preferito?


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